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03/11/2025
Convegno di Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil del Veneto: «Vogliamo quel tavolo di confronto, promesso più volte, con la Regione sui temi di interesse per gli anziani»
In Europa gli italiani sono la
popolazione che ha un’aspettativa di vita maggiore, secondi solo alla Spagna.
Ma se guardiamo l’invecchiamento in salute, scivoliamo al sesto posto
con i problemi conseguenti legati alla gestione delle fragilità e ai costi
economici per garantirsi cure o assistenza. Basta considerare che in Veneto su
1 milione e 170mila ultra65enni, la metà (circa 600mila, dalla relazione
sociosanitaria della Regione) convive con una o più malattie croniche,
come diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari, respiratorie e mentali.
Ecco allora che la vera sfida della società per il prossimo futuro, dove il
numero degli anziani aumenterà (in Veneto 1 milione e 630mila nel 2050, secondo
l’Istat, +40%) è colmare il divario che esiste tra la vita attesa e la vita
attesa in buona salute. Sfida che coinvolge istituzioni, enti locali,
aziende sanitarie, ma anche i singoli cittadini. Sfida che si vince con la
prevenzione: da fare, promuovere e sostenere con piani adeguatamente
finanziati, cosa che ora non succede. Questo è ciò che emerso dal convegno
“Vivere a lungo, vivere bene”, organizzato dai sindacati dei
pensionati Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil del Veneto, in collaborazione con
l’associazione Happy Ageing, che si è tenuto mercoledì 29 ottobre a Mestre. Un
convegno dal quale scaturisce un appello alla futura Giunta regionale:
aprire quel tavolo di confronto, promesso ma mai attivato, tra Regione e
sindacati sui temi di interesse della popolazione anziana, affinché vengano affrontati
con una visione d’insieme sviluppando strategie integrate, invece che in
modo spezzettato e, alla fine, poco efficace come fatto sinora.
Invecchiamento,
cronicità, prevenzione
Il convegno ha visto il
contributo scientifico della prof.ssa Stefania Maggi, ricercatrice del
CNR e presidente di Eica (European Interdisciplinary Council on Ageing), e del prof.
Michele Conversano, specialista in medicina preventiva e presidente del
Comitato Scientifico Happy Ageing, che hanno illustrato cosa significhi fare
prevenzione favorendo l’invecchiamento in salute, sia in termini di
comportamento individuale sia in termini di interventi e pianificazione in capo
alle istituzioni.
«Non si può
pensare alla popolazione sopra i 65 anni come un blocco unico, perché invece è
molto eterogenea. Abbiamo l'obbligo di ragionare in modo multidimensionale
sia nella prevenzione che nell'assistenza – ha spiegato Maggi – Secondo
l’OMS l’invecchiamento in buona salute ha due strade: promuovere
un ambiente a misura di anziano che garantisca una vita dignitosa e
favorisca il mantenimento dell’autonomia, e lottare contro il cosiddetto
“ageismo”, ovvero la discriminazione, il pregiudizio e la marginalizzazione
basati sull’età». Quanto alla “responsabilità individuale”, «diversi studi
dimostrano come dieta
mediterranea, attività fisica regolare e socialità abbiano effetti
positivi sulla salute dell’individuo a 360 gradi». Qualche “conto in tasca” lo ha
fatto Conversano: «L’80% della spesa sanitaria pubblica va nella gestione
delle cronicità. Investire nella prevenzione porta a risparmi
significativi: ogni euro speso in prevenzione ha un ritorno di 14 euro.
Favorire un invecchiamento in salute, quindi, riduce l’incidenza di malattie
croniche e la pressione sul sistema sanitario in termini di cure, ricoveri
ospedalieri, interventi chirurgici, percorsi riabilitativi. Ma anche in termini
di spesa privata: a fronte di 100 euro investiti dallo Stato in sanità, oggi
una famiglia ne sborsa di tasca propria altri 58». Eppure la prevenzione è
un capitolo di spesa considerato ancora troppo poco: una ricerca del FASI
(Fondo Assistenza Sanitaria Integrativa) evidenzia come su 130,3
miliardi stanziati nel 2023 per finanziare il “bene pubblico salute”, il 75% è
stato destinato ai servizi di cura-riabilitazione e a farmaci, e solo il 4%
alla prevenzione (8,3 miliardi). Una parte importante della relazione è stata
dedicata a illustrare il
piano vaccinale per gli anziani (influenza, Covid, pneumococco,
herpes zoster e DTP - difterite, tetano, pertosse): l’immunizzazione è un
ottimo strumento di prevenzione, ma è necessario fare molta informazione per
superare la disinformazione dilagata con dibattiti surreali durante e dopo il
Covid.
Priorità:
Piano di prevenzione, negoziazione sociale, tavolo regionale di confronto
Il convegno è stato
l’occasione per Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil del Veneto di ribadire,
confortati dalla scienza e dalle statistiche, obiettivi e richieste da portare
come sindacati dei pensionati in tutti i livelli di confronto che si possono
avere. «La discriminazione basata sull’età, l’ageismo, è ciò che mette gli
anziani, anche quelli attivi, ai margini della società. Il nostro obiettivo è
quello di combattere questo pregiudizio, che ha la nefasta conseguenza
di aumentare la solitudine e l’isolamento in cui già vivono molti
anziani, soprattutto donne», commentano le segretarie generali Nicoletta
Biancardi (Spi Cgil), Tina Cupani (Fnp Cisl) e Debora Rocco (Uilp Uil).
«Dobbiamo lavorare affinché un anziano possa vivere e sentirsi parte attiva
della società e, viceversa, quando si ritrova in una condizione di fragilità,
possa trovare nel sistema sociale e sociosanitario pubblico il giusto supporto.
Vorremmo aprire un dialogo forte e proficuo con la futura amministrazione della
Regione Veneto, che possa mettere al centro il Piano di prevenzione ormai
scaduto quest’anno. Riteniamo che l’apertura di un tavolo di confronto
sui temi di interesse della popolazione anziana possa essere uno strumento
importante, in grado di portare ad una maggiore trasparenza
nell’applicazione della legge
regionale sull’invecchiamento attivo e nella gestione delle
risorse relative. Anche i Comuni sono una figura chiave in questa visione dove
lo scambio e il confronto reciproco possono diventare una chiave di volta nell’attività
di negoziazione sociale. Nondimeno con l’aiuto e il sostegno delle Ulss
avremo l’occasione di promuovere meglio la campagna vaccinale nella tutela
dei nostri cittadini più deboli. Un fatto è ormai chiaro: bisogna puntare
molto di più sulla prevenzione, perché rappresenta un investimento che può
ridurre di molto l’impatto della spesa sanitaria sui cittadini».