Legge di Bilancio “archiviata”, ora subito lotta all’evasione e confronto per riformare lavoro, fisco e previdenza

Legge di Bilancio “archiviata”, ora subito lotta all’evasione e confronto per riformare lavoro, fisco e previdenza

Comunicati Stampa

02/01/2024



La Fnp Veneto fa un analisi di inizio anno, all’indomani dell’entrata in vigore della Manovra

«Ora che la Legge di Bilancio 2024 è in vigore, con le sue poche luci e le molte ombre, così come la nuova Irpef, dobbiamo riaprire subito i tavoli di confronto tra istituzioni e sindacati per portare a compimento riforma del lavoro, riforma fiscale e riforma previdenziale in modo organico. Altrimenti tra 10 mesi ci ritroveremo ancora una volta a dire che mancano le coperture per garantire pienamente ai cittadini tutti i loro diritti. E ancora una volta, quindi, si farà cassa sui pensionati. Ma serve anche un segnale chiaro del Governo nella lotta all’evasione e all’elusione fiscale: siamo un Paese da 100 miliardi l’anno di mancate entrate, e facciamo manovre a malapena per 30, di cui la metà in deficit!». Questo il ragionamento programmatico di Tina Cupani, segretaria generale Fnp Veneto, all’indomani dell’entrata in vigore della Legge di Bilancio, la cui gestazione ha visto la Cisl impegnata a un confronto continuo con il Governo: «Abbiamo sostenuto pienamente la confederazione», continua, «perché solo presidiando i tavoli la Manovra ha quelle poche luci».

Non ci si può accontentare di piccoli passi che, però, sembrano mancare di visione complessiva: lavoro, fisco e previdenza vanno riformati insieme alla luce dei cambiamenti demografici, della capacità salariale, della diversità degli impieghi e delle richieste del mercato del lavoro. L’opinione della Fnp è nota: i pensionati di oggi devono avere certezze sulla tenuta del potere d’acquisto dei loro assegni, e ciò si ottiene con un meccanismo di perequazione certa senza tagli. I pensionandi non devono stare ogni anno appesi alla Legge di Bilancio per vedere quali soluzioni anticipate “escano dal cilindro”. Chi è nel pieno della vita lavorativa o chi si sta affacciando al mondo del lavoro, sia esso dipendente o autonomo, deve avere dei riferimenti certi per orientarsi sul futuro previdenziale.

Una voce importante per lo Stato sono proprio le pensioni, che spesso sono trattate come un privilegio quando in realtà sono una retribuzione differita che un lavoratore si costruisce nel tempo, e che deve mantenere il suo valore nel tempo. «Ormai abbiamo capito che di Governo in Governo l’equazione è questa: inflazione alta significa rivalutazione ridotta per le pensioni considerate medie e alte», commenta ancora la segretaria generale, «ma in questo modo i messaggi che diamo a chi è in pensione e a chi lavora sono schizofrenici». Dalla riforma Fornero, infatti, l’orientamento è tenere i lavoratori al loro posto il più a lungo possibile data l’aspettativa di vita, maturando quindi anche la pensione più alta possibile in base ai contributi versati. Ma contemporaneamente queste pensioni sono le più penalizzate nella perequazione.

È dal 2011, infatti, che le pensioni mediamente sopra i 1.500 euro lordi al mese subiscono rivalutazioni parziali tali da comportare a oggi la perdita del 30% del potere d’acquisto. E solo nel 2020, faticosamente e su spinta dei sindacati, la “fascia protetta” con rivalutazione piena è stata aumentata a 4 volte il trattamento minimo. «Con questo noi abbiamo messo al sicuro gli assegni più bassi che, in Veneto, rappresentano il 77% dei pensionati», spiega Cupani, «ma non è ammissibile che gli altri abbiano un adeguamento che nella maggior parte dei casi arriva a mala pena alla metà di quel che riceverebbero senza penalizzazioni». Anche perché i pensionati italiani sono i più tassati d’Europa e, avendo meno agevolazioni fiscali, sono più tassati degli stessi lavoratori. Ciò nonostante, sono ancora la principale fonte di welfare per le famiglie.

«Il nostro è un sistema pensionistico solidaristico: i lavoratori di oggi sostengono chi non lavora, cioè i giovani e gli anziani. È il patto generazionale, che non deve saltare», conclude Cupani, «a ciò si aggiunge anche che siamo nell’epoca delle opportunità date dalla “silver economy”: un anziano povero è un problema per se stesso, ma anche per la società. Un anziano indipendente dal punto di vista economico è una persona che più facilmente resta attiva e partecipe della società stessa».