Anziani non autosufficienti e case di riposo: perché l’ultima DGR sulle impegnative per le demenze non è soddisfacente

Osservatori RSA | Servizi TV

02/05/2024



Ne ha parlato a “Parliamo di…” su TV7 Tina Cupani, segretaria generale Fnp Veneto

L’ultima DGR approvata in V Commissione dalla Regione Veneto il 18 aprile, che prevede 60 milioni in tre anni per integrare le impegnative di residenzialità per la non autosufficienza degli anziani, ha deluso i sindacati per diversi motivi. Se per la Regione è facile dire di aver incrementato le risorse, destinandole alle patologie che più aumentano, e cioè i disturbi comportamentali (per es. Alzheimer), l’analisi attenta della Fnp dimostra che questo tipo di provvedimento, sperimentale peraltro, non va a incidere in modo determinante sui problemi delle case di riposo. Ha approfondito la situazione la segretaria generale Fnp Veneto Tina Cupani nella puntata di Parliamo di… su TV7 (can. 19), andata in onda il 24 aprile e che qui potete rivedere.

IMPEGNATIVE DI RESIDENZIALITÀ: LA NUOVA DGR E I DISTURBI COMPORTAMENTALI

Con la DGR approvata il 18 aprile si introduce per l’accesso ai centri servizi anziani il concetto di case-mix assistenziale, dividendo i bisogni assistenziali in tre aree: Area 1 – Fabbisogno Socio Sanitario, Area 2 – Elevato fabbisogno sanitario (allettati o malati terminali), Area 3 – Disturbi Comportamentali (es. Alzheimer).

Per i pazienti in Area 3 sono stanziati in via sperimentale 60 milioni in tre anni per aumentare la quota sanitaria di 5,20 euro al giorno, portando l’impegnativa di residenzialità a 57,20 euro al giorno. Di fatto ciò va a sostituire dal 2025 quella che finora abbiamo conosciuto come SAPA (Servizio di alta protezione Alzheimer). La Regione afferma che in questo modo è in grado di passare da 4mila a 10mila impegnative, ma i punti poco chiari o discutibili secondo i sindacati sono diversi, a partire dalla “titolarità” di questa quota aggiuntiva.

LA QUOTA “IN PIÙ” PER I MALATI DI ALZHEIMER

I 5,20 euro in più, infatti, non sono parte della quota sanitaria della singola persona, ma una “premialità” attribuita al centro servizi anziani attraverso la negoziazione del budget tra Ulss e struttura stessa. Inoltre, quei 60 milioni di euro in tre anni non sono risorse aggiuntive, e non è chiaro da quali voci del bilancio regionale si prendano. Infine, sulle demenze senili la Fnp si sarebbe aspettata una programmazione volta ad aumentare i servizi: nel 2020, per esempio, i posti residenziali per l’Alta Protezione Alzheimer in Veneto erano solo 145. E bisogna ricordare che la demenza senile è l’unica patologia della non autosufficienza degli anziani che ha aumentato l’incidenza (dal 33% del 2015 al 39,2% del 2022), mentre le altre si mantengono a livello costante.

Con questo “blitz” in V Commissione la Regione ha mancato ancora una volta alla promessa (fatta solo qualche settimana fa) di avviare un confronto coi sindacati in materia di centri servizi. Sindacati che rappresentano gli utenti e la forza lavoro delle strutture, ma che già lo scorso anno erano stati esclusi dal Tavolo interistituzionale per l’area anziani (si riveda il comunicato stampa unitario a questo link), in cui la Regione si confronta preventivamente solo con le Ulss e con le associazioni che riuniscono i centri servizi

I centri servizi anziani costituiscono un anello fondamentale della gestione della non autosufficienza, non solo per i servizi che offrono e possono offrire, ma anche perché sono presenti capillarmente nel territorio. Per questo i sindacati, e in particolare le sigle dei pensionati, sono interessati a promuovere che ci sia una governance pubblica del settore, che garantisca trasparenza all’utenza e ai loro familiari. Da questo punto di vista Fnp, insieme e a Spi e Uilp del Veneto, hanno recentemente presentato (qui il comunicato stampa) un report dettagliato sui centri servizi anziani che ha analizzato la situazione dei posti letto, degli standard qualitativi e, proprio, delle impegnative, evidenziando le criticità da risolvere.